In occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, molti giovani hanno partecipato a un pellegrinaggio interreligioso nella provincia di Bergamo, specificamente nei paesi di Vigolo, Villongo, Cividino e Calcinate.
Fin dai primi istanti di quella giornata, in viaggio verso Vigolo, si era iniziato ad assaporare questo “noi”; sul pulmino verso Vigolo erano seduti molti ragazzi tra cui Italiani, Indiani, Marocchini, Senegalesi. Un pulmino che ospitava gente proveniente da tutto il mondo, con lingue, tradizioni, religioni, costumi diversi. Eppure ancora oggi tanta, tantissima gente si fa ancora pregiudizi su una persona diversa, che ha il colore della pelle diverso, se crede in un Dio diverso, se parla una lingua diversa dall’italiano.
Confermo quello che pensavo un po’ di giorni fa: la conoscenza è l’ostacolo più duro che l’uomo può sorpassare.
In una Parrocchia era arrivato dal Sud America un sacerdote, Padre Roland, per vedere la situazione nelle parrocchie italiane. Aveva imparato così bene l’italiano che la gente l’aveva scambiato per un italiano doc perché diceva la messa in modo perfetto, senza errori linguistici, confessava tranquillamente in italiano.
Durante una riunione parrocchiale per l’ospitalità di alcuni immigrati all’interno delle strutture dell’oratorio, molte persone si trovarono molto in disaccordo. “Poi vicino c’è l’asilo e magari vanno dai bambini?, “Poi dove li mettiamo, occupano spazi che servono..:”, il parroco sorpreso dalla risposta di alcuni parrocchiani si alzò in piedi e disse: “Ma voi lo sapete che vi state confessando e ricevendo la comunione da un immigrato?”, le persone sorprese da queste parole dissero: “Sì ma lui, lo conosciamo”.
Ecco qui la chiave di tutto: la conoscenza. Nella vita, soprattutto nell’adolescenza, serve la conoscenza, conoscenza della diversità, conoscenza del diverso, conoscenza di noi stessi.
In questo pellegrinaggio una quarantina di giovani ha sperimentato cosa significhi non avere pregiudizi, non avere timore del diverso, ma anzi, avere uno sguardo di pace, di amicizia e soprattutto di fratellanza.
La comunità Cristiano-Cattolica di Vigolo, attraverso testi letti in italiano, inglese e francese ha sottolineato il fatto che la fraternità non può venire da una persona sola, ma deve essere costante ogni giorno nel coabitare la nostra esistenza con gli altri, nell’abitare questo mondo con gli altri.
Nel 2019, a Madrid, migliaia e migliaia di uomini e donne, provenienti da mille terre diverse, si sono riuniti per cercare nuove vie di pace, e nel loro scritto, mi è saltata all’occhio questa bellissima frase: “Chi crede in Dio scopre il mondo come casa comune, abitata dalla famiglia dei popoli. Chiediamo per noi e per il mondo il dono degli occhi di Dio, che liberano dalla cecità e fanno riconoscere l’altro come fratello.”
Io credo che davanti a tale manifestazione di fede verso un Dio unico per tutti, bisognerebbe riguardare quante volte le religioni sono entrate in conflitto, quante volte milioni di persone hanno perso la vita per guerre religiose, anche oggi, in questo momento, purtroppo, c’è gente che sta perdendo la vita per causa di persone che credono che esista solo la loro religione.
Il punto centrale di questo viaggio è stata la parola “noi” costruita in polistirolo grande circa 2 metri, di colori diversi, che racchiudeva il senso vero e proprio della fratellanza.
Ad ogni tappa è stata consegnata in regalo una tovaglia dove la parola “noi” era stata formata da pezzi di tangram colorati. La tovaglia, in questa giornata, assume un significato molto importante ossia ospitare tutti, condividere il pranzo o la cena che sono momenti di condivisone con qualcuno che non conosciamo, con qualcuno che è diverso da noi. Una tovaglia che dice: “Vieni, siediti, stiamo insieme, condividiamo insieme questo momento”.
Con i musulmani, a Villongo, dopo una lettura presa dal corano, letta in una location magnifica, il palazzo Conti Passi, abbiamo sperimentato come la fratellanza sia il motore del mondo intero, senza fratellanza non c’è cultura, senza fratellanza non c’è economia, senza fratellanza non c’è pace.
Il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb scrisse: “Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.”
Quante volte, ancora oggi, la gente fa molti pregiudizi sui musulmani e sulla loro tradizioni. Molte volte a scuola mi piace molto ammirare l’integrazione che si viene a creare tra italiani e marocchini, si forma una sorta di “gang” per usare un termine delle nuove generazioni, dove la persona di fede, colore e lingua diversa si integra con un gruppo di coetanei. Molte volte però questo non si viene a creare, pensiamo a quante persone, ragazzi, bambini vengono emancipati per il loro colore, per il loro Dio o per altre mille cose.
Veramente vogliamo un mondo dove il diverso sta nel suo angolino e non si integra con un’altra persona?
Io credo che a questo punto dell’esperienza ci sia stata la più bella forma di fratellanza che ci possa essere ossia condividere una semplice cosa, come tè e biscotti, insieme agli altri. Avere la fortuna anche di assaggiare ricette, gusti e tradizioni diverse dalla nostra. Un tè con note balsamiche al mentolo accompagnato da biscotti tipici marocchini sono stati i mezzi d’integrazione per avvicinarsi, per rompere il muro di separazione che è stato costruito da altre persone.
La terza tappa è stata la comunità Ravidassia di Cividino, qui veramente abbiamo riscoperto il senso autentico della fede. L’accoglienza di molti giovani indiani, scalzi e con una bandana in testa è stata una grandissima e graditissima sorpresa. Io credo di non aver mai visto così tanti giovani attaccati alla fede, attaccati alla tradizione, attaccati alla loro origine.
Dobbiamo dire che questa religione, tra le quattro è la più moderna, quella che si avvicina di più a noi.
Satguru Ravidass Ji scrisse: “Proprio come un vaso di infinite forme dalla stessa argilla, allo stesso modo Dio ha creato tutti gli esseri viventi dell’universo come uguali con gli stessi cinque elementi cioè aria, acqua, terra, fuoco e spazio. Dio è manifesto in tutti gli essere viventi. Un solo Dio ha creato ogni essere vivente. Quindi tutte le creature viventi dell’universo sono uguali come tutta l’umanità”.
Uguaglianza, fratellanza, solidarietà è ciò che cercano tutte le religioni, tutto il mondo, tutte le lingue, tutti gli uomini e le donne.
Entrare nel tempio, scalzi e con la bandana è stata un’esperienza forte, ci siamo catapultati in un altro mondo, in un’altra religione. Sarebbe bello proporre questa cosa anche all’interno delle scuole, io credo che possa essere un’esperienza che possa abbattere i muri del pregiudizio e dell’odio che molte volte abitano nel mondo dei giovani.
Per ultima, la comunità Sikh di Calcinate ha messo la “ciliegina sulla torta” nella conclusione dell’esperienza.
Renè Philombè, poeta camerunese scrisse: “Perché domandarmi, se sono dell’Africa, se sono dell’America, se sono dell’Asia, se sono dell’Europa? Aprimi Fratello! Io non sono nero, non sono bianco, non sono rosso, non sono giallo, non sono altro che un uomo. Aprimi fratello!”.
L’esperienza vissuta da questi giovani credo proprio che abbia cambiato il loro modo di vedere le cose. È stato un avvicinamento profondo a storie, tradizioni, fedi diverse.
È stato un vero e proprio cammino, come dice Papa Francesco, verso un noi sempre più grande, grande come l’intera umanità!
Alessandro Salomoni
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