Insegnare? In certi casi paga più del giornalismo. Le passioni costano troppo! Racconto di Artina

Ebbene sì. Finalmente ho un contrattino, di quelli desiderati da tempo. Mi hanno richiamato dal Giovanni Gentile, un istituto commerciale di Palermo, privato ahimé ma – aspetto fondamentale – PARITARIO. Quindi punteggio assicurato. Un contratto fino alla fine dell’anno per un totale – udite udite – di 10 punti, signore e signori!

Ho la V B, un serale, una classe di adulti dai 20 ai 40 anni che porterò agli esami di stato. Sono pure membro interno di italiano e storia, pensate un po’. Ieri mi hanno chiamata da un’altra scuola, stavolta statale, l’IPSIA di Palermo, un istituto professionale. Italiano e storia in una seconda classe.

Supplenza per circa un mese, fino al 19 marzo prossimo, con possibilità di rinnovo. Beh, era questo che volevo, no? Volevo essere messa in regola, volevo un contratto, dei contributi versati allo Stato.

Sebbene precaria, adesso ho comunque un contratto a tempo determinato, anzi due.

Onestamente ancora non ho capito cosa devo fare della mia vita lavorativa. Lavorare in radio mi piace, sento di essere al posto giusto, ma la precarietà mi spaventa moltissimo. Sono stufa della consapevolezza del “SE produci, SE scrivi, SE collabori, FORSE c’è la possibilità di avere uno stipendio”. Anche quando ho ottenuto il famoso stipendio non ricordo di essere stata soddisfatta. Sono continuamente palliativi, contentini, che servono ad alimentare una passione ma che non ti consentono di vivere dignitosamente. Sono consapevole della difficoltà di trovare un lavoro perfettamente in linea con le proprie inclinazioni, sono consapevole dei sacrifici quotidiani che un lavoro comporta, sono ancora più consapevole della difficoltà di TROVARE UN LAVORO. E lo dice una che ha sempre lavoricchiato, che non è mai stata con le braccia conserte ad aspettare l’occasione della vita. Dall’università alla scuola, dai giornali alle promozioni nei supermercati, dalla radio alle collaborazioni varie. Certo, avrei dovuto concentrarmi (ancora più di quanto l’abbia già fatto!?) nel mondo del giornalismo ma -parliamoci chiaro- se non sei a grandi livelli NON CI CAMPI. Conosco una miriade di ragazzi che giocano a fare i giornalisti, ne conosco altri che ogni giorno svolgono questo lavoro con professionalità e dedizione ma tutti quanti sono precari, arrivano con difficoltà alla fine del mese e io mi rendo conto che non voglio questo. Non mi sto piangendo addosso, non mi è mai piaciuto fare la vittima, ma io ho provato a sovvertire le cose. Sono andata a Londra nella speranza (UTOPIA!), che succedesse qualcosa, ho lasciato il mio curriculum alla BBC (troppo ambiziosa e ingenua vero?), ho inviato decine e decine di curriculum a Londra ma non mi pare di avere ricevuto grandi riscontri. Ancora prima sono stata qualche mese a Roma, con l’intenzione di trasferirmi, poi a Padova a lavorare per il Comune con l’intenzione di guardarmi intorno. Senza contare la gavetta nel mio territorio. Quando ho scritto per Repubblica e ho visto il mio nome per esteso al centro della pagina sopra l’articolo, mi sono detta “ce l’ho fatta! Adesso qualcosa cambierà, sono sulla strada giusta, è questione di tempo, evidentemente qualcosa di buono c’è in me, non rimarrà solo una passione” e invece no!

Forse ha ragione un mio amico, non sono rimasta abbastanza da nessuna parte, non ho insistito a Londra dove effettivamente poteva esserci qualche possibilità. Ma io adoro la mia lingua, voglio scrivere in italiano, mica in inglese! E poi, a parte tutto, per resistere, per provare e riprovare avrei avuto bisogno di un MINIMO, dico un minimo, di stabilità economica che non ho mai avuto.

ERGO… quando vedi che ti chiamano da scuola, che lavori qualche ora, che spieghi quattro cosette e ti pagano pure sabato e domenica, quando ti rendi conto che fare l’insegnante non è poi così male, che hai l’estate libera, vacanze di Pasqua e Natale totalmente libere, cominci a pensare che sia la strada più semplice, quella più a portata di mano. Hai pure il tempo di leggere nel pomeriggio, di scrivere, di finire quel romanzo a cui lavori da tempo e, sebbene non sia il lavoro che avevi sognato tutta la vita, pensi che al momento sia l’unico che ti possa far sentire meno precaria.

E poi insegno letteratura italiana, mica bao bao micio micio!