Gli insegnanti della scuola di I e II grado di tutta Italia sono in trepida attesa per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DPCM sull’abilitazione docenti, prevista il prossimo 25 settembre.
Il provvedimento, in linea con il PNRR, mira a uniformare la preparazione e la formazione del corpo docenti, anche a seguito di una lunga consultazione con la Commissione Europea, in modo da omogeneizzare l’offerta formativa in tutta Italia.
La normativa per l’abilitazione docenti in Italia e il recupero dei 60 CFU
L’iter di formazione degli insegnanti nel nostro paese ha assistito a numerosi sconvolgimenti nel corso delle ultime due decadi, a causa del rinnovo della scuola e della necessità di creare percorsi formativi in grado di abilitare il personale docente all’insegnamento nel miglior modo possibile.
Dal 1999 al 2010 le SSIS, scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, consistevano di due anni di formazione docenti al termine dei quali l’aspirante insegnante conseguiva 60 CFU per poi dare un esame di stato ed essere abilitato.
Considerate troppo onerose in termini di tempo e di iter burocratico, le SSIS sono state sostituite nel 2010 dai TFA, Tirocini Formativi Attivi, della durata di un anno e sempre da 60 CFU con esame finale da superare, che puntavano sui cosiddetti insegnamenti trasversali per rinnovare i metodi educativi e pedagogici della classe docente.
Soppressi nel 2017 soppressi, ai TFA avrebbe dovuto sostituirsi il FIT, Formazione Iniziale e Tirocinio, con un percorso triennale che avrebbe consentito l’abilitazione e un tirocinio retribuito progressivamente fino ad arrivare al vero e proprio inserimento, ma questa soluzione non è mai stata attivata.
Si arriva quindi ai famosi 24 CFU post laurea, nati originariamente come propedeutici al FIT, che comprendevano un’infarinatura generale di materie come la pedagogia generale e sociale, l’antropologia culturale, la psicologia dell’educazione e la metodologia delle tecniche didattiche. Una volta conseguiti i 24 CFU si poteva accedere direttamente al concorso per l’abilitazione all’insegnamento.
Con la sospensione dei 24 CFU del 2022, può presentarsi al concorso statale fino al 31 ottobre 2024 solo chi ha avviato e portato a termine il percorso formativo entro ottobre 2022.
Il percorso da 24 CFU è infatti stato riconosciuto come insufficiente per lo sviluppo e l’acquisizione di competenze specifiche nell’ambito della pedagogia, motivo per cui la base per essere abilitati all’insegnamento torna a essere da 60 CFU con il nuovo DPCM.
Le novità del DPCM: 24 CFU, 30 CFU, 36 CFU e 60 CFU
Quanti crediti serviranno per insegnare? Quanti ne mancano a chi ne ha già 24? Come si conseguono?
Secondo il nuovo DPCM non saranno più sufficienti i canonici 24 Crediti Universitari Formativi per essere abilitati all’insegnamento, ma dovranno essere 60.
Chi è già in possesso dei 24 CFU dovrà integrarli con ulteriori 36, mentre per chi dovesse avere già tre anni di servizio dovrà conseguirne altri 30.
La fase transitoria messa a disposizione degli aventi diritto a seguire percorsi formativi abbreviati durerà fino a dicembre 2024, quando tutta la classe docente dovrà avere per legge 60 CFU.
I percorsi abilitanti, come nelle precedenti misure, non daranno accesso direttamente al ruolo ma sono finalizzati all’abilitazione all’insegnamento, titolo indispensabile per poi sostenere i concorsi statali.
Al Ministero dell’Istruzione spetterà il compito della definizione del numero di docenti necessari nel prossimo triennio, sia per le scuole pubbliche che quelle paritarie o estere.
DPCM, gli obiettivi di formazione docenti
Il nuovo decreto insiste sulle nuove esigenze e sfide cui la scuola oggi deve far fronte, concentrandosi particolarmente sui processi di inclusione, sulla contestualizzazione, sulla comprensione e l’orientamento più che sulla padronanza della materia da parte del docente.
Il ruolo del docente è stato riformulato e riclassificato, secondo una concezione più complessa della professione che richiede, come specificato nel DPCM, un’articolazione plurale delle aree di sviluppo.
Sono ben 10 le competenze da acquisire da parte dei docenti descritte dal testo:
- disciplinare
- educativa
- psicopedagogica
- organizzativo-relazionale
- metodologica – didattica
- valutativa
- osservativa
- documentaria
- innovativa
- di ricerca
Compito degli atenei che erogheranno i corsi è quello di progettare una trasversalità tra le discipline proposte in modo che interagiscano e si correlino tra loro, nell’ottica di potersi adattare via via alla crescita e alla maturazione degli alunni.
Percorsi formativi 60 CFU: come, dove, cosa, quanto
Il testo del DPCM specifica anche le modalità di erogazione della formazione docenti da parte dei centri universitari.
I percorsi abilitanti dovrebbero partire, dopo la fase di progettazione, attivazione e accreditamento, circa 3 mesi e mezzo dopo la pubblicazione del DPCM, anche se l’emanazione delle norme applicative potrebbe richiedere più tempo.
Saranno a numero chiuso, per questioni di sostenibilità degli atenei, e obbligatoriamente al 50% in presenza e al 50% online, fissando le assenze a un massimo del 40% delle ore previste. Una novità: anche gli studenti universitari potranno frequentare i percorsi abilitanti parallelamente ai loro studi. Ogni candidato infine dovrà seguire un tirocinio nelle scuole accreditate e sostenere alla fine del corso un esame con prova didattica.
Le tempistiche sono tuttavia molto stringenti: le prime abilitazioni sono previste per il 28 febbraio 2024, mentre il decreto prevede che il conseguimento dei primi 60 CFU dei nuovi corsi sia già il 31 maggio 2024.
Per quanto riguarda il costo, il decreto prevede una spesa tra i 2000 i 2500 euro, a cui andrà aggiunto il contributo per l’esame.
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