Racconto sulla scuola: “Sotto controllo” di Giuseppe Acciaro

“Sotto controllo” di Giuseppe Acciaro

Il professor Aristi salì i gradini di ferro e si immise in uno dei lunghi condotti separati dalle delle porte d’acciaio e che conducevano in una serie di aule. Aristi tirò fuori da un astuccio grigio delle pillole per la pressione, che masticò lentamente, e subito dopo un integratore per migliorare l’efficienza mentale. Il professore entrò nell’aula e regolò il termostato. Fiutò l’aria e sorrise…l’ambiente gli sembrava pulito. Fece un gesto quasi impercettibile e con la mano, e qualche scolaro fece altrettanto. I banchi erano tutti distanziati tra loro e delimitati da dei rettangoli tracciati con un colore bianco scintillante. Dei vetri in plexiglass circondavano le postazioni a sedere. Gli studenti erano disposti secondo le varie nazionalità. Ognuno di loro aveva un computer e tutti utilizzavano il sistema operativo Mind YX, fornito anche di un traduttore simultaneo che filtrava le parole del docente adattandole alla lingua madre di ogni alunno. Gli studenti guardavano tutti in direzione dell’insegnante e dei loro compagni intravedevano delle sagome indistinte. Alla fine della giornata uscivano uno alla volta dalla singola postazione, chiamati dall’insegnante secondo un ordine meritocratico ascendente.

Aristi si chinò con fatica sotto la cattedra in travertino e si palpò all’altezza del cuore. Gli avevano già sostituito 11 valvole, e temeva per il prossimo probabile intervento. Ormai ci vedeva pochissimo, le operazioni agli occhi non si contavano, ma sapeva anche che nessuno dell’IMMENSO PROVVEDITORATO lo avrebbe destituito dal suo incarico. Tutti lo ritenevano un insegnante eccellente e se aspettavano che lui cedesse il passo i precari potevano restare tali per almeno altri cinquant’anni. Si sollevò da terra con un certo sforzo e socchiuse le labbra. La sua dentiera in titanio brillò per un attimo. Un raggio di sole aveva trovato un passaggio tra i finestroni in metallo. Aristi pensò che dovesse esserci qualche difetto nelle chiusure ermetiche e si rammaricò di questo. Provò il microfono del suo computer e per ore non alzò mai lo sguardo.

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