– Buon giorno, bambinI
-…giorno, maestra…
Brigida si abbassò e ricevette il bacetto di Mariam sulla guancia.
– Ciao, Mariam
– Ciao, maestra
Era una giornata fresca, primaverile. I bambini prendevano posto ai loro banchi. Brigida chiuse la porta.
– Bene, voglio vedere i vostri compiti. Credo proprio che li avete fatti tutti, vero Mariam? Mariam era una bella negretta dagli occhi di solito vispi, ma, quella mattina, no. Li abbassò.
– Vediamo, vediamo…
Si avvicinò al banco di Mariam. La bambina coprì il quaderno con le braccia.
– Fammi vedere, su, da brava.
La bambina guardò da un’altra parte, e Brigida prese il quaderno, le somme non fatte, il foglio pieno di sgorbi.
– Ma che hai fatto!
Le dispiacque, lei amava Mariam da quando l’avevano accettata a scuola ed era entrata nella sua classe. Era allegra, cercava di imparare, e non faceva troppi cappriccci, insomma era una bambina, mica si poteva chiedere di più. Brigida continuò a spiegare le sottrazioni sulla lavagna.
– Alla fine della lezione, dobbiamo proprio parlare, tu ed io.
Si senti’ una vocetta:
-Il papa’ dice che i negri sono degli asini…
Qualcuno dei bambini rise.
Un’altra vocetta, da un’altra parte dell’aula, disse, convinta:
– Non e’ vero, Mariam e’ brava.
Brigida guardo’ da quella parte e fece in tempo a vedere Rosetta, una bambina magrolina dai capelli tagliati corti, tirar fuori la lingua a Luigi, il compagnetto che aveva parlato prima; poi disse in modo da essere ascoltata da tutti:
-Non ci fare caso a queste stupidagini. Bambini, dovete rispettare e voler bene Mariam, va bene?
La bambina aveva sorriso a Rosetta e ora continuava a guardare da un’altra parte.
Poco dopo, suonò il campanello.
– Mariam, vieni quì.
La bambina restò seduta al suo banco. Lei si avvicinò.
– Ma cosa ti capita? Eri tanto brava. Cosa succede?
– Non lo so.
– Come, non lo sai?
– Non lo so…
– Bene, fammi queste somme ora. Vedi, i tuoi compagni giocano durante la ricreazione , e tu devi restare a fare le somme, non era meglio averle fatte a casa?
La bambina abbassò gli occhi.
– Non lo so.
Madonna, che posso fare?
Era finita l’ultima ora e suonò il campanello, bene, per oggi è finita. Aveva preso una decisione, non posso restare a braccia incrociate. Prima che i bambini uscissero, Brigida si avvicino’ a Mariam, si fece dare il quaderno da lei e ci scrisse una nota.
– Per favore, gliela fai leggere alla mamma ed al papa’, domani devono venire a parlare con me. Non ti preoccupare, e’ per il tuo bene.
La bambina si avvio’, a testa un po’ bassa, verso l’uscita.
– Ciao, maestra.
-Ciao.
Il giorno dopo, l’ora libera di Brigida, destinata a ricevere i genitori, era l’ultima. Appena entro’ nella sala dei professori, vide la madre ed il padre di Mariam. Li conosceva bene, lei era una bella negra, alta come molti etiopi, vicino a lei sono proprio piccola. Lui pure snello, dev’essere agile come una gazella.
-Signora Maestra, come va Mariam?
-…giorno, Maestra.
L’italiano del padre aveva una strana cantilerna, che non dispiaceva. Li fece sedere, ed avvicino’ un’altra sedia.
– Da un po’, Mariam non fa i compiti, è distratta, è cambiata.
– Che possiamo fare, Signora Maestra? – disse la madre.
– Lei era allegra, vispa, non lo è più.
– Ma…
– C’è qualche problema a casa? Tra di voi due? Sapete, i bambini soffrono dei problema tra i genitori…
Il padre guardava per terra in silenzio.
– No, Signora Maestra, mio marito ed io andiamo molto d’accordo, ci vogliamo bene, mica litighiamo….
– Ed allora, se c’è pace…
– Pace?
– Si, pace…
– Ma forse siamo un po’ nervosi…
– Come mai?
– Sa con tutte queste notizie, alle volte piango, alle volte mio marito si dispera…
– Cioè?
Il padre sollevo’ il viso e la guardo’ negli occhi, non si capiva se sconsolato o con della rabbia. Disse lentamente, come misurando le parole:
– Lei sa como siamo arrivati dall’Africa. Ma abbiamo il permesso di soggiorno, lei sa che mia moglie fa la domestica ed io il benzinaro.
– E allora, se tutto è a posto?
La madre tentenno’ un po’, e poi disse:
– Ma, sarebbe, ma tutti i giorni ne dicono una, che ci cacciano via, che non ci cacciano via, che siamo di troppo, che non ci danno più il permesso di soggiorno, non si vive più… Mariam spesso si sveglia la notte piangendo, non so che sogni faccia, prima non era così.
Il padre si gratto’ la testa, ed aggiunse:
– Mariam e’ nata in Italia, ma l’altra sera, prima di addormentarsi, mi chiese se lei non era italiana come gli altri bambini, perche’ la guardavano brutto.
– Capisco.
Si, capisco, qui ho un compito io, altro che… Prese le mani della madre, cercava di trasmetterle il calore del suo cuore.
– Mi spiace davvero, ma non basta che mi dispiaccia, ve lo assicuro. E’ compito mio che qui la rispettino tutti, dico tutti, e che i compagni le vogliano bene.
– Grazie, signora maestra.
-…grazie.
Il padre aveva i pugni chiusi, lo capisco. Lo sguardo della madre chiaramennte la ringraziava. Uscirono insieme dalla sala dei professori . Mariam si avvicinò ed il padre se la strinse tra le braccia. Le disse:
– La maestra ti vuole molto bene
Brigida le accarezzo’ i ricci della testolina, e le disse:.
– Mi dai un bacetto?
Tornò a casa stanca. Il marito l’aspettava con la carbonara pronta. Si baciarono come al solito.
– Ciao
– Ciao
– Come va?
– Ma…
E gli racconto’ la vicenda di Mariam.
– Povera gente, davvero.
Dopo pranzo, dovette andare a fare la spesa, ma non poteva evitare di pensare a Mariam ed alla sua famiglia.
A cena, di fronte al televisore
– Vediamo che notizie ci sono
C’era il telegiornale, le solite sugli extracomunitari.
– Per favore, spegni, ne ho fin sopra i capelli.
– Ti capisco.
– Un conto è ascoltare tutte le fregnacce che ne dicono, un’altra cosa è vedere una bambina che ne soffre.
Così, giunse l’ora di dormire.
– Buona notte.
Il braccio del marito la cingeva, e chiuse gli occhi. Il silenzio della notte. Ogni tanto una macchina sfrecciante. Già era di giorno, dovette scendere dall’auto perchè la folla non lo lasciava proseguire. L’abbandonò e si lascio trascinare. Lei sola era bianca, negri e negre di tutte le età scendevano in silenzio lungo Viale Spartaco. Appena si ascoltavano le migliaia di passi. Domandò:
– Dove andate?
– Ai funerali di Mariam
Gli occhi le si inondarono di lacrime. Guardò avanti la marea di riccioli neri. Anche da Via Della Libertà un’altra folla di teste nere scendeva, tutti in silenzio, solo il rumore delle migliaia di passi.
– Quando è morta?
– Stanotte, poverina
Piangeva e caminava con la folla. Mai, neanche a ferragosto, tanto silenzio in città come ora. Rivedeva il visetto vispo di Mariam
– Non può essere
D’improvviso, all’inizio a voce bassissima, lei neanche se n’era accorta, un canto, il coro di migliaia di voci sommesse.Si trovò cantando pure lei con la folla
– Faccetta nera, bell’abbissina
aspetta e spera che già l’ora s’avvicina
quando saremo insieme a te….
Il canto era sempre più forte, era un coro gigantesco che si sprigionava da centinaia di vie e piazze della città… Lei piangeva a dirotto
– Facetta Nera, sarai romana
la tua bandiera sarà sol quella italiana!
D’un colpo si svegliò e spense la suoneria. Aveva gli occhi bagnati. Il marito la guardava
– Che ti succede, un brutto sogno?
– Bruttissimo
Si asciugò le lacrime e si preparò in fretta per uscire
Come sempre, alla porta aspettando i bambini. Tra tutte le testoline bionde, i riccioli neri di Mariam. Appena si avvicinò la bambina, Brigida si abbassò e l’abbracciò. Gli occhi le si inumidirono, non devo piangere, forza! Poi poso’ la mano sulla sua testolina e la senti’ calda, anche le guance e la fronte erano calde.
-Ma tu hai un febbrone, non te lo senti?
-Si, signora maestra.
La fece sedere in segretaria, e fece chiamare la madre.
Mentre salutava altri bambini, la segretaria le disse:
-Ora vengono a prenderla.
-Aspetta qui, ti dovranno portare dal medico.
Intanto i bambini erano entrati in aula e si erano seduti ai loro banchi. Lei entro’ dietro loro. Era una giornata tiepida.
– Buon giorno, bambini…
-…giorno….-rispose il coretto di voci infantili.
Tutti si sedettero. Lei li guardo’ pensierosa e, dopo qualche istante, si avvicino’ alla cartina geografica del mondo appesa alla parete.
– Questa e’ l’Africa – e la mostro’ con la mano.
-Non e’ l’America?- chiese con voce ingenua un bambino biondo di facetta pienotta.
Alcuni risero.
-No, Gianluca, e’ l’Africa, e dovete sapere, bambini, che moltissimo tempo fa il mondo era spopolato. Qui in Italia, per esempio, non c’era nessuno, proprio nessuno…
– Non c’erano Romolo e Remo? – chiese una bambina sottile dagli occhi verdi bene aperti.
-Prima ancora, molto tempo prima, cara Lavinia, non c’era nessuno, finche’ un giorno arrivarono i primi uomini, e sapete da dove venivano?
-Dal cielo- disse la vocetta di un bambino sdentato.
-No, Gianni, a quell’epoca mica c’erano gli aerei…
Qualcuno rise.
– Venivano dall’Africa. I nonni dei nostri nonni, dei nostri nonni, dei nostri nonni…
-…dei nostri nonni – si senti’ ripetere da alcune vocette.
-…erano africani, come la nostra cara Mariam.
Li guardo’, quasi tutti avevano gli occhi stralunati.
-I primi uomini nacquero in Africa, percio’ tutti siamo fratelli e ci dobbiamo volere bene.
Si senti’ la voce di Lavinia dal fondo dell’aula:
-E perche’ Mariam e’ andata via?
-Aveva la febbre, la mamma la doveva portare dal dottore. Allora, bambini, dove sono nati i nonni dei nostri nonni, dei nostri nonni, dei nostri nonni?
-In Africa- rispose il coretto.
-Bravi, bambini.
Poi, le venne un’idea:
– Quando torna Mariam, le vogliamo fare una bella sorpresa?
Molte vocette risposero:
-Si, si…
Guardo’ verso Luigi. Il bambino arrossi’ ed anche lui disse con convinzione;
-Si, si…
La madre di Mariam era venuta a scuola ed aveva detto che la bambina ormai stava meglio, e che sarebbe tornata il giorno appresso.
Come al solito, Brigida salutava i bambini al portone della scuola. Mariam si avvicino’ e, come di consueto, lei e Brigida si scambiarono un bacetto. Brigida, di proposito, si attardo’ in segreteria.
Mariam entro’ nell’aula e si avvio’ verso il suo banco, ma qualcosa la trattenne e gli occhi le si spalancarono. Tutti i compagnetti la guardavano sorridenti. Sul suo banco, splendeva un bel mazzo di rose rosse. Poi Mariam guardo’ la lavagna ed un bellissimo sorriso le si disegno’ sul visetto. A grossi caratteri c’era scritto: “CARA MARIAM, BENVENUTA DI NUOVO TRA DI NOI”. La bambina non sapeva chi ringraziare. Brigida entro’ facendo finta di niente, era felice e, come di consueto, saluto’:
-Buon giorno bambini…
CESAR BRUNO, cittadino italiano, nato a Bogotá (Colombia) il 09/02/1940
ROCIO LARRAHONDO, cittadina colombiana, nata a Villavicencio, Colombia il 20/04/1978
CESAR BRUNO e ROCIO LARRAHONDO sono autori della fiaba LA PREMIER ED IL RE, pubblicata nel libro FAVOLE E FIABE edito dall’Associazione Culturale ROSSO VENEXIANO nel 2009. CESAR BRUNO, cittadino italiano residente all’estero nella cittá colombiana di Villavicencio ed anche cittadino colombiano, fa il medico e novelle sue scritte in spagnolo sono state pubblicate in passato su riviste e giornali della Colombia, il Messico e l’Argentina. ROCIO LARRAHONDO, colombiana, anche lei residente a Villavicencio, e’ maestra elementare e di scuola materna, insegnante e ballerina di balli tipici colombiani, e studentessa di psicología.