Segnaliamo l’uscita del quinto numero di Prometheus, la rivista dei Lavoratori Auto-organizzati della Scuola di Milano e della Rete organizzata docenti e ata precari scuola Veneto.
Il numero è scaricabile dal blog LAS, al seguente indirizzo: http://lasmilano.blogspot.com
Qui di seguito proponiamo la loro posizione sulla questione del precariato, alla luce delle recenti polemiche su code e inserimento a pettine. Solo dalla consapevolezza della disparità di trattamento dei lavoratori precari della scuola e dello sfruttamento a cui sono da sempre sottoposti, questi potranno vincere ogni tentazione individualistica e microcorporativa.
La guerra dei precari. Divisi si perde!
La recente sentenza della Corte Costituzionale, numero 41 del 2011, che ha considerato incostituzionali le cosiddette CODE, ha scatenato una serie di polemiche tra i precari e di prese di posizione da parte di varie associazioni professionali. La questione è da sempre POLITICA, non solo ora. Il precariato, infatti, non è una novità ed è andato via via configurandosi come condizione normale dell’esistenza. Non solo perché spesso è a tempo indeterminato, ma perché anche la carriera dei docenti entrati in ruolo dopo anni di precariato è divenuta sempre più incerta, con soli 4 anni pre-ruolo riconosciuti per intero e la magra prospettiva di una pensione da fame.
Tralasciando questioni pur importanti, come gli organici estrogenati al sud, le scuole private che concedono punteggi senza pagare stipendi, il mercato ignobile dei master e dei corsetti, guardiamo alla sostanza della questione. Nel Quaderno Bianco sulla Scuola di Fioroni e del Ministero dell’Economia, pubblicato nel settembre del 2007, è scritto chiaramente come il mantenimento di un “esercito di riserva” dei precari della scuola sia strategicamente voluto. Anzitutto perché essi COSTANO in media 9MILA EURO l’anno in MENO dei colleghi di ruolo, in secondo luogo poiché sono RICATTABILI sia per la loro intrinseca condizione, sia in quanto divisi e rassegnati, come paria silenziosi confinati in un eterno purgatorio. Se c’è un settore in cui, soprattutto in un periodo di crisi economica, si dovrebbero pianificare interventi strategici di ampio respiro e non vincolati ai capitoli della finanziaria del governo in carica, è proprio quello dell’istruzione e della ricerca. Peccato che dal 1997 – per effetto della Legge 149, varata dal Governo Prodi – l’assunzione a tempo indeterminato nella Scuola sia vincolata a precisi capitoli della finanziaria e debba essere AUTORIZZATA dal Ministero dell’Economia e della Finanza. Il precariato, dunque, non dipende dall’inefficienza della formazione o del reclutamento, ma è solo una questione di SFRUTTAMENTO. I tentativi di modificare il sistema, aprendo, chiudendo, bloccando le Graduatorie sono sempre stati compiuti dai governi di tutti i colori. A cominciare da BERLINGUER, che trasformò i Concorsi per Titoli in Graduatorie Permanenti, divise in tre fasce, indipendentemente dal punteggio. Per continuare con DE MAURO, che scatenò una guerra tra precari storici abilitatisi con i concorsi, ordinari e riservati, e sissini, conferendo a questi ultimi 24 punti per il biennio abilitante delle SISS. Nel 2004 fu il turno della MORATTI, che istituì il doppio punteggio per il servizio prestato nelle scuole di montagna. FIORONI, invece, nella Finanziaria del 2007 trasformò le Graduatorie Permanenti in Graduatorie ad Esaurimento, prevedendo 150mila assunzioni nel suo piano triennale di fattibilità, che non fu però portato a termine e che non avrebbe comunque risolto il problema del precariato: una volta garantito semplicemente il turn over, anche al netto dei tagli – pochi in meno di quelli della L133/98 -, sarebbero infatti rimasti in organico di fatto migliaia di posti per le supplenze fino al termine delle attività didattiche, con un notevole risparmio per lo Stato. È stata quindi la volta di GELMINI, che per ovviare allo sfacelo di 132.000 posti di lavoro tagliati in tre anni, ha cambiato le carte in tavola, dando la possibilità di iscriversi in coda in ben tre province, con il conseguente fioccare di ricorsi per l’incostituzionalità delle code e di contro-ricorsi dei precari contro-interessati. Fino ad arrivare alle recenti proposte di ridefinizione del sistema di reclutamento dei docenti, avanzate da Aprea e Goisis prima, e dal senatore leghista Pittoni poi, che sembrerebbero prospettare ai precari graduatorie o ALBI regionali e concorsi di RETI di scuole, che azzererebbero i punteggi sinora acquisiti dopo anni di servizio. Insomma, la prassi della DIVISIONE dei lavoratori è stata sempre sfruttata dai governi di centro-destra e di centro-sinistra per impedire il compattamento dei lavoratori della scuola in un fronte unitario di lotta.
Soffocati in quest’orizzonte chiuso, i precari ascoltano sconsolati il monotono ritornello di una vecchia tiritera: “non ci sono i soldi in finanziaria per assumere enne precari, quindi accontentatevi e rassegnatevi”. I posti vacanti negli organici però continuano a brillare, più al nord che al sud, malgrado i vari tipi di accorpamenti, la riduzione del tempo scuola e l’aumento degli alunni per classe, con un effetto collaterale: la produzione dei soprannumerari, i nuovi precari. Poiché una storia prende forma solo in una narrazione che la racconti, ecco allora la RETORICA della qualità e del merito, che purtroppo trova spesso una eco nelle parole di molti precari, altrettanto fumose, ideologiche e deleterie. Anch’essi infatti, in alcuni contesti, hanno imparato a usare i termini, decontestualizzati dal punto di vista storico e critico, del merito e della qualità, quando parlano ad esempio di qualità della scuola, di precariato storico, di professionalità docente. L’interesse morboso dei MEDIA per singoli drammi esistenziali poi ci ha mostrato come i casi personali di precari con figli a carico o con mutui e affitti da pagare siano il terreno ideale su cui far attecchire appunto un discorso vuoto e retorico. Una sorta di risarcimento per alcuni, l’appagamento di un legittimo desiderio di verità e giustizia per altri.
Sul piano SINDACALE, le strategie adottate sulla questione del precariato sono diverse. Se la prassi dei RICORSI ha allargato le crepe di norme corrotte da difetti di forma o da più inquietanti e lampanti vizi di costituzionalità, alcuni sindacati, confederali e non, pur avendo siglato i vari contratti e aderendo in modo diversificato all’azione del governo in materia di Scuola, costruiscono il consenso in modo particellare con iniziative di carattere CORPORATIVO, le quali, quando non abbiano il fine manifesto di cogliere l’attimo nel divenire politico, per riposizionarsi strategicamente a fronte di nuovi assetti, sposano le esigenze di uno o dell’altro gruppo di lavoratori della scuola. La gestione delle atipicità è solo un esempio fra tanti. Ma a lungo termine ogni tattica corporativa si rivela perdente per i lavoratori tutti e quindi per i singoli. Perseguire lucidamente l’inasprimento della GUERRA TRA POVERI porta direttamente a una delle due seguenti possibilità. O un pericoloso gioco al RIBASSO che ci allontana dall’unica istanza: nel lungo periodo, pianificare strategicamente interventi a lungo termine per Scuola e Università e rivedere i meccanismi di assunzione, slegandoli dai capitoli della finanziaria; nell’immediato, assumere su tutti i posti vacanti in odd. Oppure, addirittura, il CAOS estremo, che giustifichi una soluzione radicale che porti alla scissione del bubbone purulento, le GaE, con tutti gli annessi e i connessi, lasciando campo aperto ai vari progetti di “riforma” del reclutamento, cioè alla cancellazione dei diritti acquisiti dopo anni di lavoro sottopagato, al CLIENTELISMO e al FAMILISMO tutto nostrano delle chiamate dirette dei presidi, mascherate sotto l’aspetto più decoroso dei concorsi truffa di reti di scuole, agli ALBI regionali blindati dei docenti, e, peggio ancora, ai contratti di incarico pluriennali, stipulati per un minimo di cinque e un massimo di dieci anni, e alle forme contrattuali FLESSIBILI di assunzione e di impiego, previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.
Occorre dunque ricomporre i precari in un fronte di lotta UNITARIO, cercando di aprirlo anche agli altri lavoratori della scuola – dai colleghi di ruolo, agli ATA -, non solo intorno alla sacrosanta questione dei tagli agli organici e alle risorse della scuola, ma anche attorno alla rivendicazione nodale della FINE DEL PRECARIATO nella scuola pubblica. Solo a partire dalla consapevolezza della DISPARITÀ di trattamento dei lavoratori precari della scuola in tema di scatti, malattia, ferie, permessi, e dello SFRUTTAMENTO a cui i precari sono da sempre sottoposti dallo Stato in un’ottica meramente economica e finanziaria, questi potranno vincere ogni tentazione individualistica e microcorporativa.
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